Il 19 ottobre 2016 una marea transfemminista fermava l’Argentina in seguito al terribile femminicidio di Lucía Pérez, stuprata, impalata, drogata e torturata a morte a sedici anni.
La notizia del femminicidio raggiunse in quei giorni oltre 70 mila donne, lesbiche, trans e travestis riunite in assemblea per l’Encuentro Nacional de Mujeres, il più numeroso fino ad allora nei suoi trentatré anni di storia.
La risposta fu immediata. Sciopero.
Come analizza la studiosa e attivista argentina Verónica Gago, prendeva così piede una delle pratiche di lotta che più ha segnato La potenza femminista contemporanea: fermare il tempo lineare della violenza patriarcale e mettere in campo un’altra razionalità, il desiderio di vivere e di vederci tuttə vivə. Ni una menos, non una di meno.
Come possiamo interrompere ancora la riproduzione quotidiana della violenza di genere? Che impatto ha oggi la convergenza tra neoliberismo e neofascismo sui diritti delle donne?
Domande urgenti, a cui accompagnare le pratiche politiche e perfomative che dall’America Latina all’Italia hanno fatto il giro del mondo. Come ci hanno insegnato le attiviste de LASTESIS, anche grazie al loro libro Bruciamo la paura, oggi alziamo migliaia di dita puntate e indichiamo pubblicamente il patriarcato in ogni sua forma: «El violador eres tú». Non è mai stata colpa nostra. Non è mai stata colpa tua, Lucía.
A partire da noi, mettendoci l’una al posto dell’altra, attiviamo la forza dell’assemblea femminista, e consideriamo le nostre esperienze come un vissuto collettivo, dall’abuso alla rivolta.
Ci rubano tutto, Lucía, tranne la rabbia