intersezioni

  • Esaurito

    di Luiz Valério P. Trindade

    Come funzionano i discorsi d’odio sui social media? Chi sono i principali bersagli dei commenti intolleranti e razzisti che popolano le piattaforme? E quanto queste dinamiche sono connesse alla storia coloniale?

    Con una prospettiva che prende le mosse dalla storia della schiavitù in Brasile, dell’immigrazione italiana ed europea nel Paese sudamericano, della costruzione dell’identità nazionale anche attraverso il mito della “democrazia razziale”, il sociologo Luiz Valério Trindade apre una finestra sui processi che, tra passato e presente, stigmatizzano le persone razzializzate e migranti e sui canali attraverso cui essi si perpetuano. Un percorso che analizza nel profondo i meccanismi dei social media, principale arena di proliferazione dei discorsi d’odio, piazze virtuali dominate da logiche di profitto che si trasformano in vero e proprio luogo di punizione.

    «Una gogna virtuale», scrive nella prefazione la Commissaria Agcom Elisa Giomi, «dove la violenza e l’umiliazione si manifestano attraverso lo schermo», con l’obiettivo di «mantenere le vittime in una condizione di subalternità, marginalizzazione e disumanizzazione».

    Traduzione dal portoghese (Brasile) di Silvia Stefani Prefazione di Elisa Giomi Postfazione di Ndack Mbaye
  • di Joan Morgan

    Irriverente, contraddittorio, maleducato e brutalmente onesto. Chickenheads: quando tornano le stronze non è solo il testo che ha fatto la storia del femminismo hip hop. È uno sguardo provocatorio e intimo sulla vita delle donne nere e sulle loro relazioni affettive con i “fratelli”.  Un’incarnazione complessa di voci e mondi in cui la generazione hip hop degli anni Novanta si interroga sull’efficacia della parola con la f; in cui le femministe hanno relazioni più o meno clandestine con gli uomini più sessisti del quartiere; in cui le donne che tengono alla loro  indipendenza spesso preferiscono uomini che paghino il conto; in cui l’aumentare di madri e padri single spinge a riflettere sul peso che responsabilità, soldi ed emozioni hanno nella costruzione di nuclei familiari per le persone nere; in cui le donne ragionano sulle vulnerabilità dolorose che affliggono la vita dei loro uomini. Un testo che sfida i tradizionali ruoli di genere e fa luce sulle complessità dell’essere donna nella cultura hip hop e in un mondo dominato dagli uomini. È un amalgama pulsante di storia, vita, cultura e memoria in cui le donne nere si ritrovano a dare un senso a un universo in cui «la verità non è più in bianco e nero, ma in sottili e intriganti sfumature di grigio». Joan Morgan introduce una voce che, come l’hip hop, ne raccoglie e stratifica tante altre, inietta la sua sensibilità nei vecchi paradigmi e li capovolge in qualcosa di nuovo, destabilizzante e potente.

    Traduzione di Alesa Herero Postfazione di Wissal Houbabi
  • di Francesca De Rosa e Alessia Di Eugenio

    Una tessitura concettuale, contestuale e di testi, in prosa e versi, provenienti dal Brasile contemporaneo, utili a ricostruire importanti genealogie femministe e decoloniali, e a tracciare storie di movimenti. Voci Amefricane è una proposta antologica di traduzione di estratti di opere selezionate e lavori artistici visuali che mira a restituire il riflesso di un processo in corso che da un lato ha reso possibile altre forme e ripensamenti del canone letterario, dall’altro ha permesso una maggiore apertura, attenzione e possibilità di spazi per nuove produzioni letterarie. Ed è così che parole centrali nelle cosmovisioni indigene e afrobrasiliane, neologismi e parole che incarnano percorsi di autoaffermazione fanno presa insieme, inventano nuovi linguaggi. Un’opera per pensare e praticare – attraverso le pagine scritte – alternative valide al sistema patriarcale e (neo)coloniale in cui tutte e tutti viviamo.

    Con la postfazione di Valeria Ribeiro Corossacz
  • di Djamila Ribero

    Dieci lezioni brevi per comprendere le origini del razzismo e combatterlo. Dalla necessità di riconoscere il privilegio bianco, alla violenza razziale, Djamila Ribeiro delinea un percorso di critica e consapevolezza, per offrire nuovi spunti di riflessione e nuovi strumenti a chi voglia approfondire la propria percezione del razzismo e assumersi la responsabilità di trasformare il presente.

    Il razzismo, sostiene la filosofa brasiliana, non è solo l’atto volontario o meno di un individuo, ma una dimensione strutturale consolidata e radicata nella nostra società, che crea disuguaglianze, oppressione, negazione di diritti. Riconoscerne le radici e l’impatto può essere sconvolgente e paralizzante, ma la pratica antirazzista è più che mai urgente ed è una battaglia che riguarda tutti e tutte.

    Il volume in Brasile è rimasto per cento settimane nella classifica dei libri più venduti, ma è fondamentale anche nel nostro contesto sociale. «Questo Piccolo manuale - scrive nella prefazione Igiaba Scego - aiuterà anche noi qui in Italia, un’Italia che nega di essere perpetuatrice di razzismo sistemico (e lo è), a mettere a fuoco i dilemmi e i fantasmi che si agitano nella nostra contemporaneità».

    Traduzione di Francesca De Rosa Prefazione di Igiaba Scego
  • di Grada Kilomba 
    "Quando scrivo divento la narratrice e la scrittrice della mia realtà, l’autrice e l’autorità della mia stessa storia. In questo senso, divengo la contrapposizione assoluta di ciò che il progetto coloniale ha predefinito". Memorie della piantagione è l’opera cardine di Grada Kilomba, artista interdisciplinare che, sovvertendo i canoni delle pratiche artistiche, affronta il razzismo e le forme di decolonizzazione del sapere, concentrandosi su elementi come memoria, trauma, genere. In questo testo emerge la realtà psicologica del razzismo quotidiano, vissuto in particolare dalle donne Nere e basato sulle impressioni soggettive, le auto-percezioni e le narrazioni biografiche. La combinazione delle parole “piantagione” e “memorie” descrive il razzismo come realtà traumatica e posiziona lə soggettə Nerə in una scena coloniale dove, tutt’a un tratto, il passato viene a coincidere con il presente e il presente è esperito come se ci si trovasse ancora in quel passato straziante. Ma a cui è possibile rispondere, con un processo di decolonizzazione del sé. Un libro fondamentale, attraverso cui Grada Kilomba crea uno spazio di resistenza e speranza, una nuova geografia del futuro.
    Grazie alla traduzione di quest’opera, Capovolte introduce nelle sue pubblicazioni l’utilizzo della lettera ǝ, con l’obiettivo di andare alla ricerca di un linguaggio più inclusivo.
    Traduzione di Mackda Ghebremariam Tesfaù e Marie Moïse
    Traduzione dell'introduzione dal portoghese di Silvia Stefani
  • di Djamila Ribeiro
    Chi ha diritto di parola in una società come quella occidentale, dove maschilismo, bianchezza ed eterosessualità risultano essere la norma? Ripercorrendo le riflessioni di figure storiche del femminismo come Simone de Beauvoir, Lélia Gonzalez, Angela Davis e diverse pensatrici contemporanee, Djamila Ribeiro fa emergere la posizione critica della donna nera: lei è l'altro dell'altro, ai margini del dibattito sul razzismo centrato sull'uomo nero e ai margini del dibattito di genere centrato sulla donna bianca.
    Riflettere sul femminismo nero non crea scissioni ma, anzi, serve a "interrompere la scissione che si è creata in una società disuguale". E, ragionando su come le oppressioni di razza, genere e classe si intersecano, significa "ideare progetti, nuovi traguardi civilizzatori, pensare a un modello differente di società". In questo contesto si inserisce il concetto di "luogo della parola", pensato come un rifiuto della storiografia tradizionale e della gerarchizzazione dei saperi, risultante dalla gerarchia sociale. Perché parlare non vuol dire soltanto emettere delle parole, ma significa poter esistere.
    Traduzione di Monica Paes
    Postfazione di Valeria Ribeiro Corossacz 

Titolo

Torna in cima