«L’invasione di terreni o edifici per raduni pericolosi per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica consiste nell’invasione arbitraria di terreni o edifici altrui, pubblici o privati, commessa da un numero di persone superiore a cinquanta, allo scopo di organizzare un raduno, quando dallo stesso può derivare un pericolo per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica. Chiunque organizza o promuove l’invasione di cui al primo comma è punito con la pena della reclusione da tre a sei anni e con la multa da euro 1.000 a euro 10.000». Così, il D.L. 31 ottobre 2022, n. 162 ha introdotto l’art. 434-bis c.p., rubricato come “Invasione di terreni o edifici per raduni pericolosi per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica”.
O per dirlo con le parole del collettivo LASTESIS : «Lo Stato oppressore nel suo massimo splendore».
«Lo Stato, tramite la sua polizia e il ministro dell’Interno – scrive il collettivo artistico cileno, nel libro Bruciamo la paura. Un manifesto femminista – esprime la chiara intenzione di intimorire le espressioni artistiche e di collettivi che prendono di mira un rispetto che queste stesse istituzioni si sono impegnate a perdere nel corso degli anni». 
Nel libro, il Collettivo ricorre a un aneddoto vissuto direttamente per spiegare lo scontro tra lo Stato e i corpi.
Dopo la realizzazione di Un violador en tu camino, a Valparaíso, performance in cui citiamo una strofa dell’inno dei Carabinieri, questi arrivarono a reprimere lə manifestantə, utilizzando un altoparlante e riproducendo il loro inno. Un atto simbolico per rivendicare il loro inno, macchiato da noi, le perfide femministe, ma che di per sé è illegale, visto che i Carabinieri possono riprodurre quell’inno solo nel corso di atti ufficiali.
Inevitabile riderne.
Perché come potremmo non ridere dei loro atti ridicoli quando, davanti ai loro proiettili, l’unica cosa che abbiamo sono i nostri corpi e le nostre corpe, soggettività controegemoniche diverse e molta rabbia. Quando tutti i giorni combattiamo la paura di fronte alle loro politiche e alle loro armi.
La paura di venire represse, stuprate, mutilate, assassinate, fatte scomparire. Non molto tempo fa era comune nei nostri territori latinoamericani. Oggi, in maniera forse più nascosta, continua a succedere in tutte le forme, sempre. Oggi stesso, mentre scriviamo questo libro, mentre tu lo stai leggendo, in qualunque posto tu sia, sta succedendo. Le democrazie tollerano molte cose e sanno farlo dissimulando molto bene, ma noi le osserviamo.
Le guardiamo da questa rete sotterranea di donne e dissidenze. Da questo tessuto liminale che intreccia i fili più diversi. Trame multicolori e multisensoriali, transfrontaliere e transculturali. Un tessuto non lineare, non omogeneo, tanto incendiario quanto oceanico. Solido come liquido, con il potenziale di essere indistruttibile nel momento stesso in cui svanisce nell’aria, nell’acqua, per mutare secondo il cammino che troveremo. Per reinventar(ci) insieme alle nostre strategie multiple di lotta.