È in uscita per Capovolte Memorie della piantagione. Episodi di razzismo quotidiano, l’opera cardine dell’artista interdisciplinare Grada Kilomba, arriva in Italia grazie alla Capovolte. Con la traduzione di Mackda Ghebremariam Tesfaù e Marie Moïse, il libro restituisce il dolore della realtà psicologica del razzismo, vissuto in particolare dalle donne Nere e basato sulle impressioni soggettive, le auto-percezioni e le narrazioni biografiche, per aprire una riflessione più ampia sul tema. Il volume sarà in distribuzione e disponibile in libreria a partire dal 27 settembre.
Nel libro Grada Kilomba crea una combinazione determinante, tra le parole “piantagione” e “memorie”, descrivendo il razzismo come realtà traumatica e posizionando la persona Nera in una scena coloniale dove, tutt’a un tratto, il passato coincide con il presente e il presente è esperito come se ci si trovasse ancora in quel passato straziante. A partire dalla “maschera” utilizzata sul volto e la bocca delle persone schiavizzate nelle piantagioni, simbolo del silenziamento e del controllo coloniale, Kilomba affronta la posizione di “Alterità” delle persone Nere, attualizzando il discorso su chi ancora oggi abbia nelle nostre società il diritto e la possibilità di parlare, produrre conoscenza, vedere riconosciuto il proprio sapere. E poi si concentra sulla necessità di definire il razzismo anche in chiave di genere, cosa che – denuncia – il femminismo occidentale non è stato in grado di fare.
Cuore del volume sono gli episodi di razzismo raccolti attraverso interviste a donne afrodiscendenti che vivono in Germania e si concentrano sulle varie dimensioni e contesti in cui il razzismo si manifesta, dalle morbosità sui capelli Afro alla segregazione spaziale, dall’utilizzo di una terminologia insultante alla oggettificazione dei corpi Neri.
A quest’opera Capovolte ha lavorato per mesi. Per chiudere una traduzione delicata e complessa e che, grazie al dialogo con la stessa autrice, ha permesso di ragionare sulla necessità di creare un nuovo linguaggio, capace di rompere le relazioni di potere e violenza che soprattutto alcune lingue ancora portano con sé, affermando costantemente ciò che è normale e chi può rappresentare la vera condizione umana. Un ragionamento che l’autrice approfondisce nell’introduzione all’edizione tradotta, a cui ha lavorato dal portoghese Silvia Stefani.
Ed è proprio a partire dalla pubblicazione di Memorie della piantagione, Capovolte ha deciso di introdurre nelle sue pubblicazioni l’utilizzo della lettera ǝ (schewa), come opportunità per decostruire il discorso patriarcale, il binarismo di genere e la pretesa universalità del maschile sovraesteso, sperimentando nuove soluzioni con l’obiettivo di andare alla ricerca di un linguaggio più inclusivo.