Bisogna avere forza per tentare e ritentare il game, il passaggio di confine, dopo percorsi di vita, respingimenti, torture, abbandoni, approdi. Bisogna avere fortuna per vincerlo, quel “gioco”, perché la “nostra” non è terra per migranti. In mezzo c’è the border, non uno, ma un’estenuante serie di confini e discriminazioni poste come ostacoli alle vite di persone di ogni genere, età e provenienza.

Con uno stile intimo che alterna crude narrazioni a riflessioni personali e un ricco inserto di immagini fotografiche, silvia b ci porta nel mezzo di alcuni dei luoghi di migrazione più attraversati del nostro tempo: prima la rotta balcanica, tra Serbia e Croazia e Serbia e Ungheria, poi il Mediterraneo, sull’isola greca di Lesvos, con il suo duplice volto di salvezza e al tempo stesso di prigione. E infine l’Italia, luogo di solidarietà ma anche di razzismo quotidiano, a Ventimiglia come a Milano, Trieste, Bologna. Qui lo sguardo dell’autrice si sofferma sulla scuola e sulle frontiere interne che si continuano a costruire intorno alle persone che arrivano.

Non solo un reportage, ma un’opera situata, che porta all’interno dell’azione e fa risuonare le voci di chi è in viaggio nella bellezza degli incontri. Un libro che dai margini denuncia ingiustizie, violenze e contraddizioni, in una visione femminista e antipatriarcale, critica e autocritica verso lo sguardo eurocentrico e le politiche di esclusione europee.

«Confine: segno che uccide il sogno. Dreamskiller.
Lo avrà già detto qualcuno? Probabile? Ma lo è nella pratica, al di là di ogni facile romanticismo. Un qualcosa che a volte è blindato, controllato, militarizzato, altre volte neanche esiste, non si sente, non odora, non si vede, eppure filtra, seleziona, discrimina, uccide.»l’autrice
silvia b è un’educatrice della scuola pubblica e un’attivista. Si occupa di diritti e migrazioni. In mezzo c’è the border è il suo primo libro.