LA PO RA

  • di Rahma Nur

    Una voce che rifiuta ogni incasellamento e silenziamento. Che dipinge un mondo complesso, dove la gioia e il dolore trovano spazio di riconoscimento, dove entrambi possono essere sussurrati e gridati. Una voce grazie a cui le parole si fanno veicolo per connettere mondi e al tempo stesso per valicare frontiere, linguistiche, culturali ed emozionali.

    È quella di Rahma Nur – donna, Nera, madre, (dis)-abile – che, nella sua prima raccolta di poesie, ci consegna un grido potente, intimo e al tempo stesso politico, contro le ingiustizie di una società ancora razzista, restituendo una molteplicità di lingue, quelle dimenticate e quelle incontrate, il dolore della perdita, ma anche la speranza di una maternità generativa. Una voce che si sofferma, attraverso l’atto poetico, sulla necessità di ribaltare lo sguardo, respingendo quegli occhi che “guardano senza riconoscere”, con il desiderio di ridurre e approssimare, restituendo invece – come scrive Mackda Ghebremariam Tesfau’ nella prefazione – uno sguardo proprio, non marginalizzato, capace anche di raccontare con il loro nome i dimenticati, le vittime del razzismo. La possibilità di una lettura trasformativa.

  • di Conceição Evaristo Arriva in Italia l’opera di una tra le autrici Nere contemporanee più rilevanti, la brasiliana Conceiçao Evaristo, con la raccolta Occhi d’acqua, nella traduzione di Francesca De Rosa. Un viaggio per racconti brevi che ci porta nel cuore della comunità afrobrasiliana, con storie che partono dal tessuto urbano della favela e si intersecano tra povertà e violenza urbana, sulla corda tesa tra la vita e la morte. Un’opera che dà pieno corpo alla peculiare escrevivência, concetto coniato dall’autrice stessa per descrivere il fitto intreccio tra scrittura e vissuto, non solo individuale ma comunitario, e ancorato alla storia del popolo a cui appartiene. Racconti fatti di infanzia, di vita adulta, di mascolinità Nera anche se il vero protagonista dell’opera è l’universo variegato della donna Nera. Fiumi di sentimenti bagnano le pagine, vite ai margini tra fame, povertà, violenza e abusi. Sono le memorie del passato che solcano il terreno del presente, quel passato che non passa e che condiziona ancora oggi le vite Nere in una società che resta profondamente schiavista e ricolma di strutturale violenza razziale. Ma sono anche le storie di speranza, quelle delle guerriere di vita che trovano rifugio nella parola parlata, condita dal suono e dal ritmo e poi scritta. Le memorie salate sopravvissute da una parte all’altra dell’Atlantico, i saperi ancestrali delle yabás custoditi da secoli nel variegato e prezioso bagaglio culturale della comunità afrobrasiliana. Traduzione di Francesca De Rosa
  • di Djamila Ribeiro Nel più delicato e personale dei suoi libri, la filosofa brasiliana Djamila Ribeiro rievoca l’infanzia e l’adolescenza per affrontare temi quali l’ancestralità nera, la violenza di Stato e le difficoltà di crescere i figli e guardare al futuro in una società strutturalmente razzista. Il racconto prende la forma di lettere alla defunta nonna Antônia - affettuosa e amorevole, conoscitrice di erbe curative e guaritrice molto ricercata. La complicità sempre esistita tra nonna e nipote è ciò che permette all'autrice di ricordare episodi difficili, come la perdita del padre e della madre, le aggressioni subite come donna Nera in Brasile e gli ostacoli vissuti nella vita accademica. Nelle lettere le relazioni amorose, le esperienze professionali, la musica, le letture e le amicizie che hanno accompagnato Djamila Ribeiro nella sua crescita personale si uniscono a una graduale consapevolezza: l’eco delle lotte e delle conquiste delle persone Nere che ci hanno precedute è la forza che ci permette di andare avanti, nel recupero di una memoria e di una genealogia collettiva familiare e degli oppressi che diventa risposta alle sfide del presente. Traduzione di Alessia Di Eugenio e Nicola Biasio Postfazione a cura dellə traduttorə e di Francesca De Rosa
  • di Yara Nakahanda Monteiro «Pro-pronipote della schiavitù, pronipote delle relazioni interrazziali, nipote dell’indipendenza e figlia della diaspora». Yara Nakahanda Monteiro indaga, attraverso il registro intimo della poesia, la condizione femminile, la natura, l’identità e l’appartenenza, la storia, i ricordi e i sogni. Nei versi, la violenza contro le donne si fa metamorfosi della distruzione della natura. Versi che riecheggiano memorie rimosse, che si confrontano con i traumi del passato, in un paesaggio lirico che cerca la guarigione. Unendo oralità ed erudizione, l’autrice ricorda l’infanzia nella periferia di Lisbona e le storie di vita in Angola raccontate dalla nonna. La voce poetica evoca fantasmi che infestano il presente: la diaspora, l’esilio, le condizioni di vita delle comunità afrodiscendenti, la violenza, gli spettri del colonialismo reincarnati nel razzismo, la ricerca identitaria. Nutrite dalle ombre del passato, le sue parole si trasformano in apparizioni, palpitazioni, aritmie cardiache, macchie confuse, ricordi vaghi, inquietudini scarabocchiate in un quaderno d’appunti in cui i confini tra passato e presente, tra Europa e Africa, tra sogno e realtà sfumano, diventando altro: poesia. Traduzione e Postfazione di Nicola Biasio Prefazione di Ubah Cristina Ali Farah
  • Esaurito
    di Amal Oursana La nascita di Rahhal nel1950 segna un cambiamento importante nella sua famiglia: il padre Haj Al Kabir deve scegliere il nuovo cognome unico per il censimento indetto dal Protettorato Francese, che eliminerà la sequela della genealogia patrilineare che i nomi arabi conservano per tradizione. Crescendo, Rahhal emigra in Europa, prima in Francia e poi in Italia, a Modena, dove segue moglie e figli. Nella quotidianità dei primi anni Duemila sono soprattutto i giovani a tentare di mediare tra due culture, sullo sfondo della complessità del momento storico-politico. Ma il legame con i luoghi d’origine non si è mai rotto e un viaggio di ritorno ricondurrà la famiglia sui passi della prima generazione, alla scoperta di una storia profonda e spirituale, legata al segreto del proprio nome. Illustrazione di copertina di Claudia Cerulo

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